Il mattino, con la sua luce rinnovata, ci
sembra un atto di resilienza in sé.
Eppure, cosa accade se sovvertiamo
questa prospettiva e riconosciamo che
la resilienza, oggi tanto celebrata, altro
non è che il perpetuarsi di una
tensione interna, il rincorrere la forza
senza mai afferrarla? Laddove una
volta si parlava di “forza d’animo” –
quell’antica "tymoidés" platonica che
risiede nel cuore – oggi rischiamo di
vederla ridotta a una prestazione, una
sorta di marcia forzata verso un’ideale
di equilibrio che ci consuma.
Ma la forza non è un atto di rincorsa.
Non è un costrutto o una volontà di
resistenza perenne. La forza non si
cerca, si trova. E si trova quando
smettiamo di contrapporci a noi stessi,
quando rinunciamo a una visione
binaria della vita, dove il “bene” è
l’illuminazione del mattino e il “male”
il buio della notte. La forza, infatti,
nasce dalla coesistenza di ombra e luce,
dal riconoscimento che l’una nutre
l’altra. E in questo riconoscimento c’è la
vera resilienza: non nel combattere le
nostre ombre, ma nell’accoglierle come
parte integrante del nostro essere.
Platone ci parlava della forza come
“tymoidés”, ma non per farne un
ideale distante, quanto per radicarla
nella quotidianità, nel cuore inteso
come sede del sentimento. Un
sentimento che non è debolezza, non è
languore o struggimento, ma potenza
creatrice, il legame tra la ragione e
l’essenza più intima di ciò che siamo. È
questa potenza che ci guida verso scelte
che sentiamo autentiche, verso un
cammino che riconosciamo come nostro.
E se deviamo da questo sentiero? Se ci
lasciamo trascinare dal bisogno di
approvazione, dal desiderio di
compiacere, allora siamo condannati a
vivere in esilio da noi stessi. È qui che
l’anima si ammala, non perché sia
fragile, ma perché è costretta a vivere
in un luogo che non le appartiene, in
un “altrove” dove l’ombra non viene
mai accolta.
L’ombra è la chiave di volta. È quella
parte di noi che rifiutiamo, che
respingiamo perché temiamo il suo
potere. Ma questa paura è ciò che ci
indebolisce. Un quadro senza ombre è
piatto, privo di profondità. Allo stesso
modo, una vita senza ombra è sterile.
Accogliere l’ombra significa dire a noi
stessi: “Ebbene sì, sono anche questo.”
In questa accettazione, in questa
integrazione, si trova la pace.
E la pace, non la lotta, è la vera forza
d’animo. Guardare in faccia il dolore,
accogliere le nostre ferite, abbracciare
il nostro lato oscuro: questo è ciò che ci
rende integri. Alla fine, sia la
resilienza del mattino sia la forza delle
nostre ombre conducono allo stesso
traguardo: essere pienamente noi
stessi. Non è forse questa la vera salute
dell’anima?
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