lunedì 23 dicembre 2024

Omelia natalizia

Il delicato equilibrio dell’anima: tra donare, rifugiarsi e temere l’oblio

Vivere per gli altri è una vocazione tanto nobile quanto faticosa. Ogni settimana si spende una parte di noi nel dare supporto psicologico e umano a chi ci circonda: familiari che necessitano di guida, colleghi che cercano ispirazione, amici che confidano in un ascolto sincero. Questo impegno non è solo un atto di generosità, ma un dono che rafforza i legami, che ci fa sentire vivi, utili, indispensabili. Eppure, in questo incessante flusso di energia verso l’esterno, si rischia di perdere di vista la propria necessità di essere accolti.

Nelle pieghe di questa generosità si cela il desiderio di rifugiarsi in un unico confidente intimo. Un’anima eletta, rara, con cui si possa essere completamente se stessi. Non è una fuga, ma una ricerca di riparo. Questo amico profondo diventa un faro nella notte, il custode delle verità più nascoste e delle vulnerabilità che non si osano mostrare al mondo. Nel dialogo con lui, si ritrovano frammenti perduti di se stessi, e si scopre che anche chi dona tanto ha bisogno di ricevere.

Ma il rifugio è anche una sfida. Aprirsi a un confidente significa mettere a nudo le proprie paure, accettare il rischio di essere visti nel proprio lato più fragile. Questo scambio è un atto di fiducia che rinnova la speranza, un gesto che sfida il tempo e le distanze. Tuttavia, non sempre è facile trovare quell’intimità. E quando manca, si può cadere in una solitudine sorda, dove l’eco del dare si spegne senza un ritorno.

E così, in alcuni momenti, si affaccia l’angoscia di essere dimenticati. Non è solo paura, ma un senso di vuoto che attanaglia l’anima. Dopo tanto donare, ci si chiede: “Chi si ricorderà di me, quando il mio sorriso si spegnerà e le parole si faranno silenzio?”. Questa angoscia è il lato oscuro del bisogno umano di connessione. Non è egoismo, ma un grido nascosto che implora riconoscimento e reciprocità.

Eppure, l’angoscia può essere trasformata. È in questi momenti che ci si può volgere verso se stessi, riconoscendo il proprio valore intrinseco. Si scopre che l’amore dato, il tempo investito, non sono mai veramente persi. Come semi, essi germogliano nei cuori che abbiamo toccato, anche se non sempre possiamo vederne i frutti.

Il segreto sta nel bilanciamento. Dedicarsi agli altri è un dono prezioso, ma non deve mai diventare un sacrificio totale. Ritrovare uno spazio per se stessi è essenziale. Può essere un momento di meditazione, una passeggiata solitaria o un libro letto in silenzio. Questi attimi ci ricaricano, ci permettono di continuare a donare senza perdere noi stessi.

In questo equilibrio fragile, i legami profondi con i nostri confidenti diventano una risorsa inesauribile. Essi ci ricordano che non siamo soli, che la nostra esistenza ha un significato che va oltre il dare. E nel coltivare queste relazioni intime, impariamo anche a convivere con la paura dell’oblio. Essa non svanisce, ma si trasforma in una spinta per vivere con autenticità, per lasciare un segno sincero nel cuore di chi ci circonda.

Alla fine, l’essenza della vita sta nel movimento continuo tra donare, rifugiarsi e affrontare le proprie paure. È un cammino che ci rende umani, imperfetti, ma straordinariamente capaci di amare e di essere amati. E in questo viaggio, ogni gesto di supporto, ogni momento di intimità, ogni angoscia superata ci avvicina un po' di più a quella pace che tanto cerchiamo.

 Don Erman

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